"Li riportarono figli morti dalla guerra
figlie che la vita aveva schiacciato
e i loro orfani piangenti
tutti ora dormono sulla collina."
La prima Guerra Mondiale, la "Grande Guerra", rappresentò per l'Italia un vero e proprio dramma collettivo vissuto trasversalmente dall'intera società.
In quattro anni, dal 1915 al 1918, morirono, direttamente o indirettamente, quasi un milione di italiani.
Al tempo stesso, però, la memoria di quell’evento diede vita, negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra stessa, a "un'epopea" storica ed umana dai contorni frastagliati in qualche modo unica nel suo genere. Un'epopea scaturita dal ricordo della scarna e stentata vita quotidiana lungo i diversi fronti, degli eroismi più o meno consapevoli, dell’ineluttabilità e della rassegnazione verso la morte “di massa” nei diversi campi di battaglia, nella claustrofobia di una trincea o di una postazione fortificata.
Nascere alla fine degli anni ’50 in un paese che fu parte integrante di uno dei più simbolici fronti di guerra, la “linea del Piave”, significava,certo allora più di oggi, vivere ancora pressoché “immerso” ell’epopea, drammatica e allo stesso eroica, della Grande Guerra.
Significava non poter evitare di leggere, anche più volte al giorno, la dichiarazione di “Piave fiume sacro alla Patria”, di sostare accanto a un grande monumento dalla futuristica forma stilizzata di un aereo, o ancora di passare accanto a lapidi o cippi di diversa grandezza che celebravano la memoria di armi e battaglioni che operarono su questo fronte. Significava altresì non potersi sottrarre dal conoscere melodia e parole della “Canzone del Piave” che la fanfara dei bersaglieri ad ogni 4 Novembre allora giorno di festa, accompagnata da gruppi sempre più sparuti di reduci, faceva risuonare nei luoghi di monumenti o battaglie.
Certo, più viva, vicina, ed aperta, era la “ferita” del secondo conflitto mondiale, a cui molti dei nostri padri avevano direttamente partecipato. Eppure quel suo carattere di guerra in gran parte non voluta e, per un certo periodo, segnata dagli esiti negativi di una guerra civile faceva sì che la memoria di quanti vi erano scomparsi non fosse, per chi non l’aveva vissuta direttamente, così presente come lo era invece quella dei caduti nella prima delle due guerre mondiali. Memoria che, per il carattere e la storia stessa del primo conflitto, unita al particolare scenario sociale dell’immediato dopoguerra, continuava a perpetuarsi concretamente attraverso le diverse testimonianze monumentali presenti in moltissimi paesi, non solo delle allora zone di guerra, ma in tutta l’Italia.
Mio nonno la prima guerra l’aveva combattuta ed era riuscito a tornarne vivo, ma pare non ne parlasse molto. Mio padre, uscito fortunatamente indenne dalla seconda, per gran parte della sua vita si è interessato alle tante vicende della Grande Guerra combattuta nei dintorni del suo paese.
Lo vedo ancora trascorrere pomeriggi di festa, in compagnia di due amici entrambi “ragazzi del ’99”, nei luoghi di guerra tra Losson della Battaglia, Croce di Musile, Fossalta e Zenson di Piave in un percorso della memoria lungo il quale i due anziani “ragazzi” alternavano con dovizia di particolari, e con grande emozione, fosche visioni di morte e momenti epico-eroici di un periodo che aveva profondamente segnato la loro giovinezza. Così pure ricordo bene quando, passando in macchina lungo il Piave, mi indicava luoghi di battaglie e di scontri “cavallereschi” tra ufficiali austro-ungarici ed italiani, in parte eventi reali, in parte piccole leggende di guerra che per me in quei luoghi vivevano allora e vivono tutt’ora.
Ancora oggi non so realmente spiegare perché sentivo così vicini a me quei cippi, quei monumenti piccoli o grandi, quelle iscrizioni in un italiano lontano dal mio e, soprattutto, quei volti, i volti sbiaditi dei caduti rinchiusi nei loro dagherrotipi. Eppure fin da allora avevo già deciso di cercare di riunire un giorno in un unico “luogo” molte di quelle testimonianze e di quei ricordi.
Pietredimemoria.it è dedicato a un particolare aspetto del ricordo della Grande Guerra, peraltro uno dei molti attraverso i quali l’epopea della guerra si è espressa allora, che ancora oggi fa arrivare fino a noi il ricordo di quanti perirono in quei lunghissimi quattro anni degli inizi del ‘900.
Il sito infatti mette a disposizione dei visitatori una documentazione fotografica e descrittiva della presenza e delle principali caratteristiche dei monumenti dedicati ai caduti nella Prima Guerra Mondiale presenti in vari paesi e località del Triveneto, paesi che hanno vissuto la guerra molto spesso in “prima linea” offrendo non solo, come del resto tutta l’Italia, un tributo di sangue, ma anche un tributo di testimonianza stessa del fronte di guerra che spesso li ha concretamente attraversati.
Le schede dei singoli monumenti non vogliono definirne una semplice esistenza contabile, ma cercano di farne di valutare lo stato, la loro presenza nel territorio e il loro inserimento nell’attuale panorama urbano. Il tutto nell’intento di offrire al visitatore la conoscenza di questo particolare, e in qualche modo unico, tesoro architettonico visto in qualche modo “dal basso”, partendo cioè non dai grandi e un po’ prosaici manufatti architettonici degli anni ’30, ma dai piccoli monumenti di provincia sorti, dall’immediato dopo guerra fino alla fine degli anni ’20, in tante località molto spesso sconosciute, ad opera quasi sempre di comitati spontanei di cittadini che intendevano collocare al centro delle loro piccole “pòlis” il ricordo sociale e comunitario di quanti erano stati sommersi dalla marea della Grande Guerra.
Questo sito è dedicato in particolare a tutti quei volti sconosciuti a cui le mutate dinamiche della nostra società non offrono più il tempo o la voglia di essere ricordati, relegando spesso i loro nomi scolpiti su quelle piccole testimonianze di pietra al semplice passato piuttosto che alla storia.